Estetica

Life in plastic, it’s fantastic!
È Barbie mania anche nel food

Martina Roncadi | 27.07.2023 | 5 minuti

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"È fondamentale saper riconoscere la rilevanza di certe iniziative per non soffermarsi ad ammirare un mondo solo patinato di rosa. Le ragazze di oggi sentono la necessità di essere esattamente ciò che vogliono: donne, prima di tutto"

Barbie Stereotipo

Lo scorso week end è uscita nelle sale cinematografiche quella che da mesi viene preannunciata come una pellicola degna di salire nell’Olimpo dei blockbuster: Barbie.
In effetti, il film della regista e sceneggiatrice Greta Gerwig nel quale vengono raccontate le vicende di Barbie – interpretata da una magistrale, autentica e super sexy Margot Robbie – costretta ad andare nel mondo reale per ripristinare le sue sembianze, porta con sé innumerevoli spunti di riflessione in tema di estetica, comunicazione e marketing. E food, ovviamente.

Pink donut

Andiamo per gradi. Il fenomeno Barbie vede i suoi albori nel lontano 1959 quando Ruth Handler, moglie di un costruttore di case in legno per bambole – il signor Mattel, per intenderci – ebbe l’intuizione di cambiare il modo di concepire i giocattoli dell’epoca: non più bamboline adatte a fare la mamma, bensì la raffigurazione di una donna bella, forte e al passo coi tempi: Barbie, per l’appunto.

Il successo che la bambola ebbe sul mercato lo conosciamo già. Da decenni infatti Barbie è entrata nelle case di tutte le bambine del mondo, creando un vero e proprio punto di rottura per l’industria dei giocattoli. Questa bambola non fu solo una rivoluzione dal punto di vista commerciale, ma anche l’incarnazione di ideali diversi da epoca a epoca: una donna affascinante, sorridente e curata prima, intelligente, imperfetta ed emancipata poi. La Barbie diventa, anno dopo anno, il riflesso delle bambine stesse, che da quel momento in avanti possono proiettare i loro desideri futuri di realizzazione, di modernità e del loro essere sempre al passo coi tempi.
Dalla prima Barbie prodotta negli anni Sessanta con il suo iconico costume da bagno a strisce bianche e nere, passando poi alle bambole degli anni Settanta e Ottanta ispirate a Farrah Fawcett e all’iconica Barbie Malibu che riscuote da subito un grandissimo successo sul mercato. Entrano poi in gioco le bellezze afroamericane, le astronaute – emancipate e sicuramente meno stereotipate – fino ad arrivare agli anni Novanta e alla rappresentazione della bambola con labbra carnose e un aspetto più provocante. Negli anni Duemila si affaccia sul mercato Barbie Fashion Model, una linea di bambole più ricercata e da collezione, per poi arrivare al loro declino nel 2015: per la prima volta dalla loro commercializzazione, Mattel vede infatti calare il fatturato del 13%, fenomeno imputabile alla concorrenza spietata sul mercato. Nel corso degli anni infatti, vennero messe in commercio diverse bambole simili, ma ancora più moderne – basti pensare alle Bratz o al fenomeno di Rapunzel.

Arriviamo al 2023, e in questa Barbie cresce la necessità di rivendicare ideali femministi come l’emancipazione e l’essere “fuori posto” senza dover rendere conto a nessuno. Non più quindi una bambolina perfetta – o come viene chiamata nel film, Barbie Stereotipo – bensì una donna a tutti gli effetti, con sbalzi d’umore, piedi piatti, cellulite, ma soprattutto con ambizioni e un forte desiderio di sentirsi libera. Di avere dei difetti e di sbagliare. E soprattutto, di non dover più avere a che fare con Ken, che assume nel film un ruolo marginale diventando più un peso per Barbie che un compagno di vita. Una donna-bambola dei tempi moderni.

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Oltre all’ideazione accurata del personaggio, un altro elemento di successo del film sono le numerose operazioni di marketing messe in atto. Si tratta di strategie estremamente mirate, prova ne siano la moltitudine di iniziative che sono state proposte in qualsiasi campo: dal merchandising polverizzato in un lampo negli store di Pepco, catena di abbigliamento polacca, passando per la linea limited edition creata ad hoc da Zara e Asos. E poi ancora Primark, Aldo con una collezione di scarpe e borse dallo stile eccessivo e “super pink”, Fossil gioielli, Crocs e persino Nyx Cosmetic, per ricreare il make up perfetto della Barbie. Ci sono poi i gadget distribuiti nelle sale cinematografiche a suon di confezioni di pop corn brandizzate, e la ormai vista e rivista scatola in formato XXL, che ha uno scopo ben preciso: scattare il maggior numero di foto, selfie e immortalare il momento sui social network.

Anche il web non si è esentato dall’immergersi in un mondo pink. Alle voci “Barbie” e nomi degli attori protagonisti del film, la landing page di Google si tinge di rosa e inizia a “lanciare” stelline. L’azienda statunitense Pantone, specializzata nella catalogazione dei colori, ha ufficializzato un colore in suo onore: Pantone 219 C. E poi ancora un neologismo ad hoc: il termine barbiecore, in tendenza su TikTok, e con lo scopo di racchiudere dentro sé il concetto di rosa shocking, bucolico, zuccherato e accattivante.

Ma veniamo al dunque: in questo formidabile lavoro di marketing e comunicazione, anche il settore del food è stato portatore della “Barbie World Mania” mettendo in campo svariate iniziative.
La celebre catena di fast food Burger King – al momento solo in Brasile – ha lanciato un menu interamente dedicato a Barbie e Ken composto da: Pink Burger, cheeseburger di carne di manzo, cheddar, bacon e una salsa rosa shocking dal sentore affumicato; Ken’s Potatoes, semplici patatine fritte ma in un packaging personalizzato; per dessert invece Barbie Donut Shake, classica ciambella americana glassata di rosa e milkshake alla fragola anch’essi posizionati in una scatola in perfetto Barbie style.
E ancora, in Canada Starbucks ha ideato il Barbie Frappuccino, famosa bevanda della catena americana questa volta composto da una base di vaniglia, dragon fruit, sciroppo al lampone e panna montata. Tra Chicago e New York troviamo invece dei pop up restaurant interamente arredati in stile Barbie con un menu colorato e vegano, per valorizzare abitudini alimentari sane ed eticamente corrette.
E in Italia? Anche noi non siamo stati esentati dalla dilagante Barbie mania nel settore alimentare. Il Pastificio di Martino ha creato un’edizione limitata di packaging a tema in collaborazione con Food for Soul, l’associazione no profit dedita alla sensibilizzazione contro lo spreco alimentare e l’abbattimento delle disuguaglianze sociali fondata dal pluristellato Massimo Bottura e Laura Gilmore. Parte del ricavato della vendita della pasta andrà infatti devoluto a famiglie in difficoltà. Una bella iniziativa che non si ferma in superficie ma affonda in un risvolto benefico e importante.

Barbie amiche

È fondamentale saper riconoscere la rilevanza di certe iniziative per non soffermarsi ad ammirare un mondo solo patinato di rosa. Le ragazze di oggi sentono la necessità di essere esattamente ciò che vogliono: donne, prima di tutto. Forti, belle e sexy. Indipendenti e con un occhio di riguardo al proprio aspetto fisico. Libere di ammettere di essersi aiutate con la chirurgia estetica, così come di avere un naso brutto e sentirsi speciali. Desiderare un figlio, o preferire un gatto.
Chiunque di noi può essere Barbie. Anche gli uomini, che non hanno più bisogno di identificarsi nel machismo tossico di Ken. Greta Gerwing è riuscita ad abbattere questo muro di plastica che da anni si era creato attorno alla “bambola bionda”, e l’ha liberata dagli stereotipi cucitole addosso nel corso del tempo.

Oggi siamo tutte Barbie, ed è giusto che sia così.

Martina Roncadi

Laureata in Scienze della Comunicazione, ha seguito diversi corsi di specializzazione alla Scuola Holden di Torino tra cui “Food – Design dell’esperienza gastronomica”, grazie al quale si è accesa la miccia per la scrittura nel panorama enogastronomico. Amante dei viaggi, della buona tavola e della musica indie, il suo segno zodiacale è Ariete. Si consiglia pertanto di non farla arrabbiare. Fanatica dello sport, è campionessa olimpica di junk food e di coccole al suo gatto, Giorgio.