Interviste

ROOTS: un luogo in cui le radici si mescolano

Intervista a Caroline Caporossi, Founder + Bouchra El Joubari e Zouhaira Mahmoudi, Ambassadors AIW

Martina Roncadi | 21.09.2023 | 9 minuti

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“Roots è una squadra solida e con degli ideali molto forti. Roots non è solo un ristorante, è una famiglia, un sogno. Roots è come se fosse un’entità astratta che ti prende dall’alto ed è in grado di aiutare tutte le donne migranti come me”.

Caroline

Mi interrogo spesso sul significato dell’essere donna oggi, e tutte le volte che provo a delineare un profilo uguale per tutte, mi risulta impossibile farlo. Nessuna di noi è uguale all’altra, ma siamo tutte così simili. Condividiamo le stesse paure, emozioni e situazioni. Ci battiamo per le stesse ingiustizie. Ci svegliamo ogni mattina sapendo che dovremo dimostrare qualcosa di più degli uomini per stare sullo stesso piano. Rivendichiamo i nostri diritti, che siano la libertà d’espressione, di costume, di vita sociale. Che sia per vivere senza sentirci giudicate, o molto semplicemente di vivere -e non sopravvivere- su questa terra.

La storia di oggi è una storia di donne. Una storia di riscatto, che affonda le radici in valori di uguaglianza, gratificazioni personali e lavorative. Una storia che racconta la genesi di una comunità.

Siamo a Modena, la terra in cui nasce e si sviluppa il nostro progetto editoriale. Una terra fertile, famosa in tutto il mondo per i talenti nati e sviluppatisi qui, così come per la sua offerta enogastronomica. Una terra ricca di modelli imprenditoriali nel settore dell’automotive e molto altro ancora. Tra i numerosi progetti di imprenditoria che sorgono a Modena ce n’è uno in particolare che, con la sua unicità, è stato in grado di scaldare il cuore degli autoctoni e non. Un modello di empowerment femminile che merita di essere raccontato, ma soprattutto emulato.

Stiamo parlando di Roots, molto più di un semplice ristorante. Roots è un vero e proprio progetto di impresa sociale in cui la diversità culturale diventa un valore. Roots, che significa appunto “radici” ha alla base la AIW (Association for the Integration of Women), un’associazione di integrazione e promozione sociale il cui scopo è quello di inserire nel mondo del lavoro le donne migranti. La AIW offre loro corsi di formazione, tirocinio, mentorship e la possibilità di avere accesso al mondo del lavoro più agilmente grazie alle competenze acquisite durante il periodo di apprendimento.

Un esempio di impresa unico, come noi donne.

Ne abbiamo parlato con Caroline Caporossi, Presidente della AIW e fondatrice di Roots.

Caroline e Martina

Raccontaci che cos’è Roots? Qual è stata la scintilla che ha acceso in te il desiderio di iniziare questo percorso?

Caroline: Partirò raccontandoti le mie radici di cui vado molto fiera – roots, appunto.
I miei bisnonni erano migranti calabresi trasferitosi a New York nel 1902 e, nonostante non si sia mai parlato italiano in famiglia, sono stata cresciuta abbracciando la cultura italo americana. Venendo da una famiglia migrante di terza generazione con una grande passione per il cibo, – i bisnonni erano proprietari di un ristorante – mi sono sempre sentita molto vicina all’American Dream e a temi sociali come la migrazione, i quali hanno instillato in me il desiderio di riuscire a costruire un futuro migliore per le generazioni a venire. Per tutti questi motivi ho intrapreso gli studi di Relazioni Internazionali e di lingua spagnola, per poi iniziare a lavorare negli Stati Uniti con donne migranti latinoamericane.
Ma la vera scintilla, per rispondere alla domanda, è scattata quando sono arrivata in Italia nel 2017, precisamente qui a Modena. In quel periodo ho avuto la fortuna di conoscere una persona che mi ha messa in contatto con la Onlus di Massimo Bottura, Food for Soul – organizzazione non profit che promuove la consapevolezza contri gli sprechi alimentari e la fame nel mondo – e quello è stato il mio primo passo nel settore del food. Lavoravo nell’ambito dello sviluppo di nuovi progetti, pertanto mi confrontavo quotidianamente con modelli di aiuto sociale, e questa cosa ha fatto crescere sempre più in me il desiderio di aiutare gli altri. La vera svolta però arriva nel 2019.
Ogni mattina, camminando verso il lavoro, incontravo sempre la stessa ragazza nigeriana. Ci salutavamo, ma non sapevamo nulla l’una dell’altra. Così un giorno mi sono avvicinata e le ho chiesto chi fosse. Abbiamo scoperto di avere molti aspetti in comune: avevamo entrambe 26 anni, eravamo anglofone e vivevamo a Modena da 3 anni. Si è creata sin da subito un’amicizia in modo molto naturale, talmente naturale da farle condividere la sua storia con me: Ella desiderava essere la prima donna della sua famiglia a lavorare ma, mentre io dopo tre anni passati in città ero riuscita a costruire una base solida e a trovare lavoro, lei era ancora alla ricerca di un po’ di fortuna. Questa cosa mi ha spinta a voler capire sempre più che tipo di situazione ci fosse a Modena, in Italia e in Europa in generale per le donne migranti come la mia amica Ella. Grazie a queste ricerche ho scoperto che, in tutta l’Unione Europea, le giovani donne migranti tra i 25 e i 35 anni erano, e continuano ad essere, la categoria più svantaggiata in termini di integrazione e situazione economica. Questo perché affrontano molteplici sfide: essere donne, essere migranti ed essere persone di colore. Tutti questi elementi fanno sì che sia davvero difficile per loro trovare un impiego. Di lì a poco quindi mi fu tutto estremamente chiaro, e capii che era giunto il momento per me di provare a fare la differenza. Mi sono da prima dedicata a Ella. Lavorando già nella ristorazione, e conoscendo quindi tante persone del settore, nel giro di due giorni sono riuscita ad aiutarla a trovare il suo primo lavoro. È stato incredibile. La nostra amicizia ha fatto sì che potessi occuparmi di lei anche per le questioni burocratiche, che come sappiamo in Italia sono estremamente complesse e poco accessibili. Mettendo insieme tutti questi elementi, ho iniziato a elaborare un progetto ad hoc, che unisse le mie competenze e il settore della ristorazione. È così che è nato Roots. In Italia ci sono tanti progetti simili al nostro, ma noi siamo gli unici ad avere anche un programma formativo strutturato: le nostre ragazze infatti, alla fine del loro percorso, possono affacciarsi al mondo del lavoro avendo tra le mani un diploma atto a testimoniare il percorso svolto qui da noi.

Roots è un progetto prima di tutto di integrazione. Quanto è importante per te questo aspetto? Che tipo di risorsa sono le persone che provengono da culture diverse dalla nostra?

Caroline: Sono risorse enormi. Con la globalizzazione e la migrazione, anche se quest’ultimo non è di certo un fenomeno nuovo, i valori del mercato sono cambiati. La gente ora ha nuovi interessi, e persone come i migranti sono portatori di novità grazie alle loro esperienze e alle loro conoscenze. Grazie alla loro cultura e alla loro storia. La diversità genera innovazione, e credo che questo sia il nostro vero punto di forza. Roots, sin dal primo giorno di inaugurazione, è pieno ogni sera, e questo è solamente grazie alle loro idee e alle ricette deliziose che preparano con amore. I clienti modenesi e non ne sono incuriositi e lo dimostra il fatto che, ogni sera, abbiamo la sala piena.

Siete riuscite a sdoganare una cucina importante e ingombrante come quella emiliana facendoci scoprire sapori nuovi che non erano ancora arrivati fin qui, quindi grazie anche per questo. Rimanendo in tema ristorazione, volevo sapere come pensi che sia la situazione in Italia. Trovi che ci siano delle differenze con gli Stati Uniti?

Caroline: Penso che la burocrazia legata al lavoro in Italia renda difficile per le persone trovare lavoro agilmente. Si deve sempre essere in prova, avere continui rinnovi. Questo è un limite che tocca tutti i settori, ma in particolar modo la ristorazione, che ha un flusso di ricambio del personale molto veloce. Negli Stati Uniti è molto comune iniziare a lavorare a 16 anni in un ristorante. Ed è così anche in tanti altri paesi. Molte di noi hanno lavorato nel ristorante della nonna, della mamma o di qualche amica perché è un modo semplice di percepire un primo stipendio. Ma in ultima analisi ti direi che, come in tutte le cose, ci sono degli aspetti positivi e negativi sia per l’Italia sia per gli USA. Diciamo che negli Stati Uniti è più facile entrare nel mondo del lavoro, ma ci sono meno tutele per i lavoratori, e questo invece è un aspetto positivo che ho trovato qui.

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Quindi far nascere un progetto come Roots a Modena, un territorio fertile dal punto di vista economico, culturale ed enogastronomico, vi ha dato qualcosa in più?

Caroline: Sì, assolutamente. Modena mi ha dato molto perché penso che solo qui potessi comprendere l’importanza del cibo. Ci sono pochissimi posti nel mondo come questa città, che ha fatto del cibo un valore profondamente radicato nella società. Ero sicura che fosse il posto giusto in cui investire dal punto di vista imprenditoriale perché i modenesi sono innovatori, e Modena è un luogo dove c’è molto lavoro, quindi banalmente le persone posso permettersi di venire al ristorante. I clienti ci sono, la curiosità c’è, e in una città di queste dimensioni è stato anche più facile trovare i sostenitori iniziali. Le dobbiamo davvero tanto!

Esiste un modello di ristorazione simile a Roots? C’è qualcuno a cui ti senti più vicina dal punto di vista di condivisione dei valori, degli ideali?

Caroline: Sì, ci sono 3 progetti in particolare che mi hanno ispirata. Uno si trova a San Francisco e si chiama “La Cocina”. È un progetto imprenditoriale per donne di colore, latinoamericane e di tutto il mondo, nato per supportarle nell’avviare un progetto legato al cibo. Grazie a questa associazione è nato un mercato, come il nostro Mercato Albinelli, al cui interno queste donne gestiscono i loro stand proponendo prelibatezze da loro cucinate. Un altro progetto interessante è “Migraflix”. Si trova in Brasile, ed è un servizio di catering composto da donne migranti. In questo progetto si occupano di proporre una vasta offerta di catering, tanto da lavorare con grandi aziende come Facebook. È davvero interessante perché da un lato è un catering appunto, e se ci pensi qualsiasi tipo di azienda ha bisogno ogni tanto di questo servizio, però è anche una CSR (Corporate Social Responsability), quindi ha anche uno scopo di aiuto sociale. C’è un’altra associazione uguale a Parigi che si chiama “Meet My Mama”, e per me sono tutte e tre di grandissima ispirazione.

Bouchra e Zouhaira

Dopo questa chiacchierata con Caroline, ho avuto il piacere di conoscere Bouchra El Joubari e Zouhaira Mahmoudi, Ambassadors di Roots, le quali mi hanno raccontato la loro storia di rinascita.

La vostra storia, per cominciare. Da quale parte del mondo arrivate?

Bouchra: Sono arrivata dal Marocco nel 2004. Ho studiato Fisica e Chimica all’università, e mi piaceva moltissimo. Quando mi sono trasferita in Italia con mio marito, all’inizio è stata un po’ dura per me perché ero abituata a studiare, e volevo assolutamente continuare quel percorso.
Invece in Italia mi sono dedicata per tanti anni al lavoro di mamma, crescendo 3 ragazzi. Ero qui da sola, e non volevo assolutamente che i miei figli venissero cresciuti da altre persone visto che non avevo la mia famiglia qui con me. Così mi sono dedicata a loro e ho messo da parte le mie ambizioni per un po’. Crescerli è stata la mia missione, ma sentivo di aver bisogno di dover fare qualcosa per me stessa. Sapevo di avere le capacità e i talenti per fare di più. Anche mia mamma aveva avuto l’opportunità di studiare. Per la mia famiglia infatti, lo studio e la conoscenza sono sempre stati importanti, e bloccare questo percorso è stato un vero peccato. Oltre alla mancata opportunità di continuare gli studi, una volta arrivata in Italia ho sperimentato che cosa volesse dire sentirsi isolati. Ogni volta che provavo a cercare lavoro mi sentivo dire spesso che, essendo straniera e con dei figli, non avevano niente da offrirmi. Mi sono sentita triste per molto tempo, ma all’improvviso qualcosa è cambiato. Un giorno mi chiamano i servizi sociali dicendomi che volevano inserirmi in un progetto diverso dal mio settore di provenienza, però molto interessante e che mi sarebbe sicuramente piaciuto. Mi sono detta “perché no!” visto che i miei ragazzi erano cresciuti e io desideravo tantissimo fare qualcosa per me stessa. Come sai per una donna non dover dipendere dal marito è molto importante e gratificante. Desideravo essere indipendente economicamente. E così è iniziata questa magia da Roots, dove ho riscoperto non solo di essere molto forte, ma ha anche cambiato il modo che avevo di approcciarmi al cibo. Prima pensavo che fosse necessario mangiare per vivere, non il contrario. Con Roots invece, e soprattutto dopo aver incontrato Caroline, ho capito che qualcosa dentro me si era radicalmente modificato. Cucinare con amore è diventata una terapia, ed è stato bello poter raccontare qualcosa di me e della mia cultura grazie ai piatti che ho preparato qui. Un altro aspetto bellissimo che ho trovato da Roots è stata la condivisione di tante culture diverse. Da Roots si ha la possibilità di imparare a cucinare anche piatti internazionali, scambiando con le altre ragazze idee e ricette. È stato un periodo della mia vita davvero felice.

Zouhaira: Io sono arrivata dalla Tunisia 8 anni fa e ho una storia simile a quella di Bouchra. Ho preso il diploma di maturità, ma poi non ho proseguito gli studi perché mi sono sposata a 20 anni. Sono venuta in Italia che avevo già una figlia. Col tempo ho avuto altri due figli, perciò sono rimasta a casa a fare la mamma. Grazie alla chiamata dei servizi sociali, ho iniziato questo percorso da Roots e ho capito di essere entrata a far parte di una vera e propria famiglia insieme a Caroline e a tutto il team. Roots è stata una grandissima opportunità per me. Non avevo alcun tipo di esperienza in cucina perché potrai immaginare che cucinare a casa non è come farlo sul posto di lavoro. Grazie a Roots invece, in soli 4 mesi, ho avuto l’opportunità di imparare tante cose, tra cui approcciarmi al settore della ristorazione in maniera professionale. È stata una scoperta bellissima perché qui hai anche l’opportunità di poter viaggiare attraverso il cibo. Tra di noi poi abbiamo instaurato una grandissima solidarietà. Ascolti le storie di tante altre donne come te e ti senti meno sola. Ci diamo forza a vicenda. Tra di noi non esistono barriere, siamo l’una la forza dell’altra, e questo è impagabile. Sarà perché alla base abbiamo la stessa sofferenza e possiamo aprirci e lottare insieme. Ma quello che più mi dà gioia è sapere di aver reso i miei figli fieri di me, una sensazione indescrivibile.


Roots è quindi famiglia, condivisione di emozioni e storie che passano attraverso il cibo. Ma è anche un modello di empowerment femminile grazie a AIW, di cui fate parte. Cosa significa essere donne oggi in Italia?

Zouhaira: Essere donne significa sicuramente essere forti. Quando lavori ti crei il tuo spazio, diventi indipendente, sai che puoi fare tante cose. I tuoi figli vedono in te una grande forza, e questo è un esempio che devono seguire.

Bouchra: L’indipendenza e la tempra le abbiamo apprese dalle difficoltà che abbiamo vissuto. Anche io mi sento molto forte perché essere donna oggi non significa superare i risultati dell’uomo. La forza che decidi di avere è per te, e la devi rivendicare senza paura. Quando dipendi economicamente dagli altri, devi sempre stare attenta a quello che fai. Io invece, sentendomi una donna capace, desidero lavorare in primis per me stessa. Essere donna poi significa anche aiutare altre donne come te, che hanno le tue stesse paure e hanno superato ostacoli simili ai tuoi. È tutto racchiuso in questo.


Cosa significa per voi Roots?

Bouchra: Roots è una squadra solida e con degli ideali molto forti. Roots non è solo un ristorante, è una famiglia, un sogno. Roots è come se fosse un’entità astratta che ti prende dall’alto ed è in grado di aiutare tutte le donne migranti come me. Ti fa sentire di esistere su questa terra, di essere viva in questo mondo e in questa città. Noi siamo donne con un cervello, con delle idee e delle conoscenze. Sappiamo di avere tanto da dare a questa società, e con Roots tutto questo è possibile.

Zouhaira: Quando abbiamo iniziato a collaborare con Roots è stato come trovare una nuova famiglia. Qui possiamo essere noi stesse e sentiamo di essere in un gruppo di persone che vuole stare insieme. Raccontare la mia storia spero possa servire per sensibilizzare e avviare altri progetti simili in tutto il mondo, progetti in grado di aiutare donne come noi. Speriamo che sia solo l’inizio per costruire tanto altro, un punto di partenza per arrivare a qualcosa di più grande.

Attualmente Bouchra e Zouhaira sono impegnate in un progetto che vedrà la luce in autunno. Si chiamerà “Lòdola” e nasce da un’idea della Cooperativa Sociale Oltremare e AIW. Trattasi di uno spazio di incontro e cucina sociale il cui obiettivo sarà quello di creare un luogo di incontro e di scambio di diverse culture. Parallelamente sarà possibile frequentare corsi di formazione, seminari, laboratori e anche deliziare il palato con pranzi e aperitivi preparati dalle due chef.

Insomma, se fino a ieri quando a Modena pronunciavi la parola Radici ti veniva subito in mente l’autoctono Francesco Guccini e il suo leggendario capolavoro di mezzo secolo fa, oggi la musica è cambiata. Le radici diventano Roots, e si spostano verso la cucina. Per viaggiare verso un mondo migliore.

B,C e Z

Foto articolo di Gabriele Greco - Orangorenna ©

ROOTS:
Via Francesco Selmi, 67
41121 Modena (MO)
www.rootsmodena.com

Si ringrazia WABISABI STUDIO

Martina Roncadi

Laureata in Scienze della Comunicazione, ha seguito diversi corsi di specializzazione alla Scuola Holden di Torino tra cui “Food – Design dell’esperienza gastronomica”, grazie al quale si è accesa la miccia per la scrittura nel panorama enogastronomico. Amante dei viaggi, della buona tavola e della musica indie, il suo segno zodiacale è Ariete. Si consiglia pertanto di non farla arrabbiare. Fanatica dello sport, è campionessa olimpica di junk food e di coccole al suo gatto, Giorgio.