Cultura e società

The Bear - fiction, cucina e salute mentale

Come la serie del momento mette sul fuoco cibo e sentimenti

Giovanni Scarduelli | 28.09.2023 | 4 minuti

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"The Bear è come fare un giro sull’ottovolante: è spassoso, ma ti scombussola. Forse è per questo che sta riscuotendo tantissimo successo nonostante non sia una serie mainstream: perché parla di ciascuno di noi".

The Bear

Illustrazione di Giovanni "Gioz" Scarduelli - Orangorenna ©

Se avete un abbonamento a Disney+, o state pensando di farlo, dovreste cogliere l’occasione per godervi una delle serie più potenti e meglio riuscite degli ultimi anni. The Bear è la serie TV del momento, un gioiello di performance, drama, storytelling e tanto, tanto food.

***Questo articolo NON contiene spoiler***

The Bear (L’Orso) è una serie televisiva statunitense creata da Christopher Storer nel 2022. Ad oggi è composta da due stagioni e 18 episodi (con durate che oscillano dai 20 ai 60 minuti per puntata). È poco impegnativa in termini di lunghezza, ma di altissima qualità e perfetta per tenervi compagnia in questo inizio autunno 2023.

Non capita spesso, ma The Bear è uno di quei prodotti televisivi che ha molto chiaro quello che vuole dire: parla di cultura del cibo, famiglia, stress lavorativo e salute mentale.
 In particolar modo quest’ultima diventa il tema più grande di questo racconto.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce la salute mentale come “uno stato di benessere in cui ogni individuo possa realizzare il suo potenziale, affrontare il normale stress della vita, lavorare in maniera produttiva e fruttuosa e apportare un contributo alla propria comunità”. The Bear riesce a raccontare tutto questo con qualità narrative sorprendenti.


La cucina diventa il tavolo perfetto per apparecchiare una storia sul malessere psicofisico: il lavoro, i ritmi, la preparazione, le mansioni, la ripetizione e il controllo, i rapporti con la materia prima, quelli con i colleghi e con l’ambiente circostante. Mano a mano che ci addentriamo in questo contesto, scopriamo le sue dinamiche, le convenzioni e il linguaggio specifico che lo caratterizza – e no, non c’è nulla di poetico, è vita indiavolata, vissuta fino all’osso.

The Bear la racconta benissimo nella sua natura di prodotto fiction (opera narrativa frutto della fantasia), ma lo fanno altrettanto bene anche altri prodotti televisivi non-fiction, per esempio Masterchef o Chef’s Table, che portano avanti lo stesso tema sulla salute mentale: lo vediamo nel racconto, nelle storie private dei protagonisti, nei loro atteggiamenti e soprattutto nelle loro lacrime.

Il cibo diventa quindi un espediente per parlare di salute mentale.


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Ma veniamo al nostro racconto:

La serie è ambientata, in un presente non specificato, in una freddissima Chicago. Carmy (Jeremy Allen White) è un giovane chef del mondo dell'Alta Cucina che, dopo il suicidio del fratello maggiore Mike, rileva la paninoteca di famiglia, il ristorante The Original Beef of Chicagoland. Il locale è fatiscente, martoriato dai debiti e gestito da una squadra riottosa.

Le puntate si susseguono con un ritmo velocissimo e frenetico, il montaggio delle immagini e il sonoro si compongono per farci ritrovare dentro a quelle mura; gomito a gomito con i protagonisti, li guardiamo negli occhi da vicino, respiriamo la loro stessa aria, sentiamo la goccia di sudore che scende lungo le loro schiene, teniamo in bocca l’assaggio dell’ultima portata che sta per essere servita.

Il montaggio è un’indigestione di ritmi forsennati di lavoro e situazioni travolgenti di pausa e decompressione. Per aumentare e dilatare la percezione del tempo le inquadrature sono spesso molto ravvicinate: Primi Piani, Primissimi Piani e Dettagli compongono un mosaico di sguardi, pensieri e movimenti che si colorano e si muovono sulle vibrazioni interne di ogni personaggio.


I dialoghi sono il risultato di una scrittura affilata e precisa, vengono elevati dalle performances dei protagonisti attraverso urla, talk-over (letteralmente “parlarsi sopra”) e silenzi che fanno più rumore della più grande delle litigate.

La colonna sonora è composta da tracce della indie/pop/alternative music americana, che ricordano sempre quel caro adagio che fa: “Ascoltavo la pop music perché ero un infelice. O ero infelice perché ascoltavo la pop music? ” (Nick Hornby - Alta Fedeltà, 1995).

La main-track invece, la canzone New Noise dei Refused, ha la capacità di costruire un lunghissimo tappeto emotivo di tensione: un build-up con chitarre elettriche, batteria e sintetizzatore che cresce all’infinito senza mai arrivare al culmine, lasciandoci sempre col boccone in gola. Nel contesto della cucina di Carmy, la scelta di questa canzone si rivelerà vincente per enfatizzare lo stato d’animo di tutto lo staff del locale.

La componente visiva è altrettanto forte.
La fotografia predilige un tono freddo, scaldato ogni tanto da bagliori giallastri che virano il tono globale sui verdi.
Lo stile di Carmy poi è già iconico: maglietta bianca, pantaloni scuri e grembiule blu Klein. Tre elementi destinati a rimanere nell’immaginario collettivo.

Il protagonista sfoggia inoltre un fisico muscoloso con tatuaggi sparsi sulle braccia e un taglio di capelli medio-lungo semi trascurato, che sottolinea benissimo i suoi tratti psicologi

Se la prima stagione viaggia su ritmi molto alti, e potrebbe farvi esclamare “Cos’ho appena visto?!” (è stata scritta proprio per dare questo effetto), la seconda stagione trova un equilibrio più classico, ma non arretra neanche di un passo sulla qualità della scrittura. Anzi, forse forse…


The Bear è come fare un giro sull’ottovolante: è spassoso, ma ti scombussola. Forse è per questo che sta riscuotendo tantissimo successo nonostante non sia una serie mainstream: perché parla di ciascuno di noi.
Vivere in questo presente significa avere a che fare tutti i giorni con quello che provano i personaggi: stress lavorativo, problemi relazionali e famigliari, traumi, pressione fiscale, non avere mai abbastanza tempo a disposizione per vivere la vita a pieno.

The Bear serve tutto questo in un’unica portata, non appena ci si è seduti sul divano: arriva dritta in faccia, senza scuse e senza filtri.

Un racconto emozionante che lascia numerosi spunti di riflessione sulla condizione umana, sul lavoro e sui rapporti umani nella società odierna.

Dunque, non resta che augurarvi buona visione e… Buon appetito!

Carmy: “Succede questa cosa strana per cui per un minuto tu guardi le fiamme e pensi: se non faccio niente, questo posto andrà a fuoco e tutte le mie ansie bruceranno con lui”
Marcus: “E poi spegni il fuoco”
Carmy: “E poi spegni il fuoco”

NdR:
Per goderne al 100%, si consiglia una visione in lingua originale con i sottotitoli.

Giovanni "Gioz" Scarduelli

Illustratore, fumettista e visual designer, ha studiato visual design all’Istituto Design Palladio di Verona e illustrazione editoriale al MiMaster a Milano. Lavora principalmente con case editrici e quotidiani per cui disegna interni, copertine, storie, fumetti, lettering e qualsiasi cosa si possa fare con la matita. È appassionato di musica, letteratura americana e storie-di-supereroi. Ama i temporali estivi, Batman, i Green Day e il risotto con la salamella.