Cultura e società

Un Gin Tonic al tramonto

Un'offerta troppo ampia può nuocere all'identità dei prodotti?

Martina Roncadi | 5.10.2023 | 3 minuti

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"La domanda da porsi essenzialemente è: nonostante il passare del tempo e delle mode, siamo ancora così desiderosi di consumare gin?"

Gin Tonic

In un articolo pubblicato su Gambero Rosso -numero 380, settembre 2023- da Federico Bellanca, è stata fatta un’indagine sulla “fine del gin tonic” e su come si sia passati dalla “semplicità alla complessità” parafrasando le parole del giornalista. Uno spunto interessante per iniziare a fare un ragionamento più o meno complesso sul celeberrimo drink e sull’impatto che ha avuto a livello culturale nella nostra società.
Nonostante il diffondersi di continue varianti di gin, questo drink sta vivendo un periodo particolare, tanto da lasciare interdetti i più esperti e non solo. Bellanca afferma: “Il produttore è uno solo, i marchi sono diversi. Dietro a ognuno di questi gin però, c’è una sola azienda di produzione: oggi la maggior parte dei nuovi prodotti immessi sul mercato sono figli di idee di marketing, realizzati da contoterzisti, spesso creati a centinaia di chilometri di distanza dal luogo la cui territorialità è vantata in etichetta”.

Tralasciando tecnicismi che non sono di nostra competenza, la domanda da porsi essenzialmente è: nonostante il passare del tempo e delle mode, siamo ancora così desiderosi di consumare gin?

Il numero crescente di drink e spirits che circolano sul mercato farebbe pensare che l’adorazione per questo distillato sia più ardente che mai, ma la verità è che forse non abbiamo bisogno di così tanta scelta. Per due ragioni.
In primis, l’uso o abuso di alcol si pone in perfetta controtendenza rispetto allo stile di vita sano propinato -giustamente- negli ultimi anni. Inoltre, l’offerta è talmente ampia e varia che non può arrivare a chiunque. Sia perché non incontra i gusti di tutti, sia perché le etichette di gin che si trovano ora sul mercato sono davvero tantissime.

Unendo queste motivazioni si chiarisce un fattore in particolare: non tutti desiderano consumare gin! I ragazzi di oggi infatti preferiscono bere vino, e lo conferma una tendenza in voga da tempo su TikTok: si chiama WineTok, una vera e propria rivoluzione per gli amanti del vino. Giovani influencer e non, si cimentano sulla piattaforma narrando la storia e la provenienza geografica dei prodotti in chiave pop e più attuale che mai. Una modalità leggera e contemporanea di educare al vino in maniera accessibile. Un nuovo modo di fare marketing, insomma. E non è un caso che proprio gli Stati Uniti, paese in cui si è sviluppato per la maggiore questo trend, siano diventati i più grandi consumatori di vino al mondo! Più di Francia e Italia, paradossalmente.

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Questo cambio di rotta, delinea un altro aspetto che si è modificato nel consumo di alcolici: la provenienza territoriale. Come per il vino, anche il gin ha subìto gli effetti del mercato globale. Basti pensare alla sua provenienza storico-geografica: Inghilterra, 1689-1702 circa. Peccato che il Paese che ha il maggior consumo di questo distillato sia la Spagna. Lo sa bene chi ha avuto modo di andarci almeno una volta nella vita: in qualsiasi tipo di locale, festa, aperitivo è facile imbattersi nelle loro cosiddette copas, giganteschi bicchieri al cui interno viene servito il Gin Tonic, conferendo al drink una forte personalità. Non solo Spagna però, anche Belgio e Olanda sorpassano il Regno Unito in termini di consumo.

Riassumendo: la decadenza del gin è sicuramente imputabile al fatto che, avendo una vasta offerta sul mercato, ed essendo consumato in ogni parte del mondo, l’intera offerta tende a disperdersi. Inoltre, i più esperti sanno che molti di questi liquori che vengono messi sul mercato esaltando una provenienza specifica, spesso non provengono esattamente da dove dicono. Un esempio? Sempre per riprendere l’articolo di Gambero Rosso, ci rifacciamo al Malfy, uno dei gin più in voga sul territorio nazionale. Questo distillato non solo ha una bassissima percentuale di agrumi al suo interno, ma viene anche prodotto da una multinazionale e in una regione a dir poco lontana dalla suggestione data dal nome (Costiera Amalfitana, ndr): il Piemonte.

È in questo contesto che si inserisce il valore sociale attribuito ai drink, e al gin nello specifico: più è di qualità, più sarà facile identificarsi in una determinata rete sociale. Più costa, più è cool. Saper selezionare le varie etichette infatti, di qualsiasi tipologia di prodotto, non solo permette alla propria audience di conferire un valore maggiore alla persona che è in grado di decidere quale sia meglio, ma fa anche sì che compia una vera e propria mossa di marketing.

Il diffondersi di questo quantitativo infinito di gin altro non fa che disperdere l’importanza e la veridicità di un prodotto nato in un modo, e declinato in un altro. Diminuendone il valore, e accentuando la figura dei “finti esperti”.

Gin Tonic Mix

In una società come quella attuale, risulta quindi facile scambiare una formazione vera e complessa con una sommaria. In un mondo di tuttologi, vince sempre l’autenticità. E anche se non si conoscono infinite varietà di gin, non fa nulla. Si può comunque continuare a bere quello che più ci piace, nella speranza di adottare scelte consapevoli e sapere che non sempre c’è una storia e un valore reale dietro a prodotti costosi.
D’altronde, come disse Socrate, “se guardate tutto ciò che viene messo in vendita, scoprirete di quante cose potete fare a meno”.

Martina Roncadi

Laureata in Scienze della Comunicazione, ha seguito diversi corsi di specializzazione alla Scuola Holden di Torino tra cui “Food – Design dell’esperienza gastronomica”, grazie al quale si è accesa la miccia per la scrittura nel panorama enogastronomico. Amante dei viaggi, della buona tavola e della musica indie, il suo segno zodiacale è Ariete. Si consiglia pertanto di non farla arrabbiare. Fanatica dello sport, è campionessa olimpica di junk food e di coccole al suo gatto, Giorgio.