Interviste

La dinastia dei Giusti: la memoria custodita dà vita al futuro dell’aceto balsamico

Intervista a Claudio Stefani, Owner and CEO Acetaia Giuseppe Giusti

Martina Roncadi | 09.11.2023 | 7 minuti

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“Quando arrivi in Emilia ti accorgi di quanto sia facile far funzionare bene le cose, ma in maniera spontanea e leggera. Lavoriamo e ci divertiamo. E mi piace che la summa del tutto sia nella cucina”

Claudio Stefani

Nelle campagne modenesi sorge un luogo conosciuto ai più come storico e di necessaria presenza. Stiamo parlando del Gran Deposito Aceto Balsamico di Giuseppe Giusti, un’istituzione nell’ambito degli aceti e condimenti. Questa azienda ha alle spalle una storia lunghissima, fatta di tradizioni e rinnovamento, un luogo in cui sono nati prodotti di vitale importanza per il nostro territorio e non solo.

Siamo andati a visitare il Museo e l’Acetaia della famiglia Giusti, culla di questa dinastia e della lunga tradizione che si tramanda di generazione in generazione. Oltre al museo è possibile visitare l’acetaia dove, ancora oggi, vengono affinati gli Aceti Balsamici di Modena Giusti nelle antiche botti di famiglia. È inoltre presente uno shop in cui acquistare la loro vasta gamma di prodotti che spaziano dall’Aceto Balsamico di Modena IGP all’Aceto Balsamico di Modena DOP, sfociando in condimenti agrodolci e idee gastronomiche curiose.

Ne abbiamo parlato con Claudio Stefani, CEO dell’azienda e nipote di Giuseppe.

Botti dettaglio

Gli avvenimenti più rilevanti dell’Acetaia Giusti:

La nostra acetaia ha una storia molto lunga, almeno a partire dal 1605, primo momento della testimonianza dell’esistenza di questo luogo e della salumeria che si trova in centro a Modena, precisamente davanti al Palazzo Ducale. Proverò quindi a ricostruire in ordine cronologico quelle che sono le date più rilevanti per la nostra azienda.

Siamo nel 1861: un Giuseppe Giusti dell’epoca, nostro antenato, si reca a Firenze all’Esposizione Italiana indetta dai Savoia. In questo contesto viene premiato per aver portato il miglior aceto balsamico invecchiato di novant’anni. Oggi questa attestazione è possibile vederla visitando il nostro museo.

Passiamo al 1863: Giuseppe Giusti scrive la ricetta di come si fa l’aceto balsamico, e si inizia quindi a raccontare cos’è e come viene fatto, visto che prima di allora non era mai stato messo nero su bianco. Il documento è uno dei primissimi che descrivono come si fa, anche se quello ufficiale – dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena – viene considerato la lettera di Francesco Gazzotti del 1861, quindi due anni prima.

Arriviamo al periodo delle cinque Expo. Una cosa di cui effettivamente ci vantiamo è la partecipazione dell’Acetaia Giusti a ben cinque esposizioni universali: la prima nel 1873 a Vienna, poi Bruxelles, Anversa, e due di Parigi nel 1889 e 1900. Quella del 1889 viene poi ricordata come la più famosa Expo della storia perché è quella in cui è sorta la Tour Eiffel! Vi parteciparono Giuseppe e Pietro, che probabilmente erano fratelli anche se non lo sappiamo con certezza, e vinsero delle medaglie. Ancora oggi, le potete trovare sulle nostre etichette. A tutto questo si aggiunge poi nel 1929 lo stemma del re in quanto Giusti divenne fornitore della Casa Reale.
Vi è poi la storia moderna. La famiglia Giusti va avanti a mantenere contemporaneamente sia la salumeria che l’acetificio. Considera che fino a poco tempo fa l’aceto balsamico era un prodotto strettamente “modenese”, il boom vero è arrivato dagli anni Settanta-Ottanta in avanti. Negli anni Ottanta Giuseppe Giusti, che non aveva avuto figli, decide di farsi aiutare da mio padre, mio zio e sua moglie a vendere l’aceto, quindi a fare un po’ più di commercio davvero perché iniziarono a vendere l’aceto balsamico principalmente all’estero. Negli stessi anni alcune aziende modenesi fanno lo stesso, agevolando il commercio di questo prodotto. Mio padre percepisce che sarebbe potuta nascere una grande opportunità e insieme allo zio Giuseppe -lo chiamo zio perché era zio di mia mamma- iniziano a commercializzare l’aceto balsamico, per poi arrivare a fondare l’azienda. Alla fine degli anni Novanta viene a mancare Giuseppe Giusti, e mio zio e mio padre stesso devono vendere la casa. Le botti vengono spostate in un casolare di campagna dove continua la produzione di aceto balsamico.

Quando arrivi tu e che cosa cambia?

Nel 2005 entro io, che nel mentre avevo fatto altre cose. Al tempo l’azienda era composta solo da cinque, sei persone, e desideravo portare una spinta differente. Nel 2015 ho fatto un riacquisto delle quote che erano di proprietà degli zii. Nel 2018 abbiamo aperto il museo che accoglie le visite anche in acetaia sette giorni su sette, e nel 2019 è nato il primo dei tre negozi monomarca -che si trovano a Modena, Bologna e Milano- grande motivo di orgoglio per me perché in questi spazi possiamo davvero raccontare la nostra storia. Sono locali esperienziali in cui è possibile scoprire chi siamo, i processi di produzione e l’assaggio di tutti i prodotti. E poi naturalmente, per chi lo desidera, l’acquisto.

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Cosa hai visto in questa realtà? Ma soprattutto, quanta “Italia” c’è nei vostri prodotti?

Vi ho visto un’opportunità molto interessante per creare un’azienda che avesse alla base una storia solida da raccontare. La mia lunga esperienza di vita all’estero mi ha permesso di osservare come veniamo visti noi italiani “da fuori”, ed è l’esatto contrario di quello che pensiamo. Siamo un passo avanti rispetto al resto del mondo per certi aspetti. Gli stranieri vedono nell’Italia un paese in cui la gente sorride, un paese in cui la gente sta bene. Nel resto del mondo non è esattamente così. Noi giustamente invidiamo paesi come la Germania, la Francia, gli Stati Uniti, ma loro non ritengono di avere una qualità della vita migliore della nostra. Per non parlare del tema cibo! Quando ho deciso di entrare a far parte di questa piccola azienda, nel 2005, è perché ci avevo visto un potenziale fortissimo: vi era l’opportunità di sviluppare uno storytelling molto ricco e in grado di tenere alto i valori dell’italianità. Volevo diventarne il portavoce e provare a fare la differenza. In maniera bonaria, ho messo la mia famiglia un po’ alle strette: “entro se me la fate gestire, altrimenti no”. I prodotti sono interessanti, il mercato è sempre più internazionale e l’italianità all’estero è sempre stata vista di buon grado, quindi vi erano tutti i presupposti per fare le cose in grande. Sono appassionato di antropologia e di come si creano i caratteri nazionali, quindi mi sono detto: se c’è un aspetto in cui l’Italia può andare fortissimo sono proprio i suoi prodotti tipici più di nicchia, le aziende medio-piccole. Avevo voglia di raccontare l’emilianità e valorizzarla al massimo. Quando arrivi in Emilia ti accorgi di quanto sia facile far funzionare bene le cose, ma in maniera spontanea e leggera. Lavoriamo e ci divertiamo. E mi piace che la summa del tutto sia nella cucina.

Che linea hai seguito?

Diciamo che era necessario adottare un sistema di funzionamento vero. Pensa che in acetaia abbiamo in media 30mila visite l’anno. E sai perchè? Perché siamo riusciti a fare squadra. Oggi tutte le persone che lavorano in azienda possono fare meglio di me. In generale comunque avevamo la necessità di investire e parallelamente portare avanti la nostra storia. Ho iniziato a conoscere i clienti e i prodotti, ma mancavano un catalogo, i listini e il sito web. Quindi ho dovuto ricostruire tutto step by step, anche sbagliando. Cercavo di capire e guardavo anche gli altri settori, tipo il vino e gli spirits. Inoltre in azienda vi era la necessità di avere persone giovani. In questo siamo stati bravi secondo me, perché ad oggi siamo quasi in 70, ma la nostra strategia aziendale è in continua evoluzione. Ci confrontiamo direttamente col consumatore, e il 70% del nostro fatturato è all’estero. Siamo leader in Rinascente e Eataly, quindi decisamente nel comparto specializzato, anche se quello che è meglio per noi oggi non è detto che lo sarà domani. Ad oggi abbiamo 90 agenti sul territorio nazionale, il che è molto utile per noi ai fini di coordinamento e sviluppo.

I vostri prodotti di punta in Italia e all’estero: in cosa vi distinguete?

Sempre lo stesso: il 3 Medaglie d’oro, un prodotto che nasce da uve mature e passite, estremamente versatile. Abbiamo prima ampliato e poi ridotto la gamma di prodotti. Diciamo che quasi tutte le aziende hanno sviluppato un’orizzontalità fatta di formati, stili e nomi per accontentare la richiesta e l’esclusività di tutti i clienti. Noi invece abbiamo tagliato tanti prodotti orizzontali con cui, è vero che accontentavamo effettivamente il mercato, ma questa strategia non stava in piedi. I nostri prodotti hanno un’identità forte proprio perché non sono tanti. Oltre all’aceto balsamico però, ce ne sono altri che hanno ottenuto un ottimo successo. Abbiamo creato per esempio condimenti agrodolci al melograno, lampone, mela, fico e zenzero, prodotti che servono per dare risalto all’azienda. Inoltre produciamo item un po’ più speciali, come per esempio il panettone, il Vermouth Giusti, i cioccolatini all’aceto balsamico.


Che tipologia di comunicazione avete?

La nostra comunicazione ha a che fare principalmente con il lifestyle, come per esempio la partecipazione di Giusti al Festival del Cinema di Venezia o al Gran Galà delle Nazioni Unite, evento nel quale utilizzano il nostro aceto come cadeau per gli ospiti. Inoltre, facciamo spesso eventi in Acetaia. È chiaro che nei primi due casi l’aceto diventa praticamente marginale in questo mondo, ma si tratta di vero e proprio posizionamento. Il concetto di bello e buono per noi deve andare di pari passo perché si devono rispettare sempre le aspettative del consumatore. E soprattutto, cosa più importante: essere estremamente riconoscibili!


Quanto è importante per voi lo storytelling della vostra azienda?

Lo storytelling per noi è importantissimo perché se no non si riesce a dare valore al prodotto. Utilizzarlo in maniera corretta è fondamentale per cercare di incoraggiare l’utilizzo dell’aceto balsamico. Questo prodotto esiste a Modena da almeno 1000 anni, è un prodotto super locale ma unico, per questo penso sia giusto valorizzarlo al meglio.


Il mondo dell’aceto balsamico è ancora a netta maggioranza maschile. O sbaglio?

A mio avviso non è tanto il mondo dell’aceto balsamico a essere maschile, quanto quello del commercio in generale. Qui in azienda ci sono più donne che uomini perché abbiamo tantissimi uffici, e chiaramente il mondo impiegatizio si popola più di donne che di uomini. Nella società odierna, le donne lavorano meglio di noi, ma abbiamo una storia culturale alle spalle che è più lunga e che ha a che fare con l’affermazione e il successo. Secondo me comunque dipende dal tipo di osservatorio che uno ha. Se si pensa alle fiere, tendenzialmente le persone che vedi sono i venditori dell’azienda, e in questo ruolo ci sono effettivamente più uomini che donne. Non è così per il vino però: nel settore vinicolo esiste la figura del brand ambassador, che il mondo dell’aceto non ha. Lo stile che ha chi ricopre questo ruolo ha portato a sviluppare più gli aspetti femminili, il gusto estetico. Limitatamente al nostro settore posso dirti però che ci sono tre grandi imprenditrici che sono Grosoli, Federzoni e Bellei, e sono a capo di tre aziende che hanno fatto la storia dell’aceto balsamico.

Aceto balsamico

Foto di Gabriele Greco - Orangorenna ©

Acetaia Giusti – Museo e Shop
Strada delle Quattro Ville, 52
41123 Modena (MO)
www.giusti.com/it

Martina Roncadi

Laureata in Scienze della Comunicazione, ha seguito diversi corsi di specializzazione alla Scuola Holden di Torino tra cui “Food – Design dell’esperienza gastronomica”, grazie al quale si è accesa la miccia per la scrittura nel panorama enogastronomico. Amante dei viaggi, della buona tavola e della musica indie, il suo segno zodiacale è Ariete. Si consiglia pertanto di non farla arrabbiare. Fanatica dello sport, è campionessa olimpica di junk food e di coccole al suo gatto, Giorgio.