Cultura e società

Pandoro o Panettone?

La sfida natalizia sulle tavole degli italiani

Martina Roncadi | 07.12.2023 | 4 minuti

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Le parole, i volti, le scelte e le scommesse del settore più amato dagli italiani

"Che venga servito come dolce a fine pasto, o come spuntino pomeridiano, poco importa: davanti allo scaffale del supermercato è pressochè impossibile mettersi d’accordo con la propria famiglia sulla scelta da prendere"

Panettone

Ogni Natale, l’annosa domanda: pandoro o panettone?
Credo che a tutti noi sia capitato di dover fronteggiare lunghissime battaglie su quale dolce presentare in tavola durante le feste natalizie. Che venga servito come dolce a fine pasto, o come spuntino pomeridiano, poco importa: davanti allo scaffale del supermercato è pressochè impossibile mettersi d’accordo con la propria famiglia sulla scelta da prendere.
Da un lato troviamo il pandoro, per chi predilige un sapore più morbido e burroso al palato -e soprattutto, per chi detesta canditi e uvetta. Ci sono poi i conservatori i quali preferiscono il panettone, gusto classico della tradizione italiana e tipicamente consumato anche nei mesi a seguire -soprattutto a colazione.

Partiamo dalle origini.

Pandoro: originario di Verona, il pandoro gode della sua fama grazie all’invenzione di Domenico Melegatti, pasticcere veronese. Nel 1884 il signor Melegatti presentò il brevetto del pandoro al Ministero dell’Agricoltura e del Commercio del Regno d’Italia, dando così il via alla mitizzazione del dolce. La ricetta classica del pandoro prende ispirazione da un prodotto tipico della tradizione di Verona, il Levà, lievitato a base di mandorle. All’impasto del Levà, Melegatti ebbe l’intuizione di togliere le mandorle e aggiungere uova e burro, conferendogli un’impronta soffice e inimitabile.

Panettone: sono numerose le leggende che ruotano attorno alla genesi del panettone, ma la versione più diffusa è di natura storica e risale al 1606 quando si parlò per la prima volta, in un testo scritto, del cosiddetto Panaton. Vennero raccolte altre testimonianze scritte del dolce, ma nessuna di queste si può dire essere inconfutabile. Certo è che, attorno al panettone, ruotano numerose leggende.
La più famosa risale al 1495: il garzone di Ludovico il Moro, Toni, trovandosi in difficoltà sul dolce da proporre ai commensali del duca, impastò un dolce ricco di canditi e uvetta per la cena di Natale. Nonostante la crosta bruciata, Toni decise di proporlo lo stesso e piacque talmente tanto da essere poi rinominato, dai commensali stessi, “il pan del Toni”.

Pandoro

Ma se in Italia non si può fare a meno di -almeno- uno dei due -per non dire entrambi- all’estero cosa mangiano?
Quasi tutti i paesi hanno una loro tradizione più o meno radicata nel tempo.
In Grecia, per esempio, troviamo sulle tavole natalizie i melomakarona, dolcetti a base di noce moscata, chiodi di garofano, miele e cannella. Diversamente in Svezia, tra le vetrine delle pasticcerie, fa capolino lo saffransbullar, dolce natalizio lievitato a base di zafferano e a forma di “S”. E ancora: in Francia è buon costume, durante le feste natalizie, servire il Bûche de Noël (Tronchetto di Natale), un rotolo di pan di spagna farcito al cioccolato e dalle sembianze di un tronco d’albero, mentre in Polonia troveremo il Piernik, una sorta di pane dolce farcito con marmellata di prugne.

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Torniamo però sulle nostre tavole. Il panettone in Italia è talmente importante e iconico da aver influenzato la nascita di un neologismo: il cinepanettone.
Sul finire degli anni Novanta, con il dilagare delle commedie natalizie -i cui protagonisti erano Massimo Boldi e Christian De Sica- venne ideato questo neologismo. Nonostante l’iniziale connotazione negativa viene utilizzato ancora oggi, diventando a tutti gli effetti parte integrante del nostro lessico e immaginario comune. Non solo neologismi per sottolineare la rilevanza sociale e culturale di questi dolci, ma anche numerose pubblicità create ad hoc nel periodo delle festività natalizie. Tutti noi ricorderemo la celebre pubblicità del pandoro Bauli, ripresa più volte nel corso del tempo, il cui jingle “A Natale puoi” è diventato un vero e proprio slogan natalizio nazionale. O quella del panettone Motta dei primi anni Duemila in cui, un tenero bambino, invita Babbo Natale a scendere dal camino dopo aver posizionato alla base il lievitato. La frase cult rimasta nell’immaginario comune è “Buttati, che è morbido!”. Anche Maina, con il suo celebre panettone, è stata in grado di creare un tormentone grazie a “Piano piano, buono buono”.

Fetta di panettone

Seppur involontariamente, il potere di queste pubblicità è tale da avere condizionato abitudini e consumi degli italiani, indirizzando le persone a prediligere il lievitato milanese. Secondo un’indagine condotta da Coldiretti, i dati parlano chiaro: tre italiani su quattro preferiscono il panettone al pandoro, mentre quest’ultimo ha una percentuale di gradimento maggiore tra bambini e giovani.

La sfida delle tavole degli italiani incorona quindi il panetùn re delle festività. Ma nonostante i neologismi e i dati alla mano, possiamo continuare a concederci il lusso di mangiare quello che più ci piace e servire ad amici e parenti il nostro dolce preferito.

D’altronde, A Natale puoi!

Martina Roncadi

Laureata in Scienze della Comunicazione, ha seguito diversi corsi di specializzazione alla Scuola Holden di Torino tra cui “Food – Design dell’esperienza gastronomica”, grazie al quale si è accesa la miccia per la scrittura nel panorama enogastronomico. Amante dei viaggi, della buona tavola e della musica indie, il suo segno zodiacale è Ariete. Si consiglia pertanto di non farla arrabbiare. Fanatica dello sport, è campionessa olimpica di junk food e di coccole al suo gatto, Giorgio.